lunedì 5 aprile 2010

gocce di primavera

bella,
che ci importa del mondo
verremo perdonati te lo dico io
da un bacio sulla bocca un giorno o l'altro.

ti sembra tutto visto tutto già fatto
tutto quell'avvenire già avvenuto
scritto, corretto e interpretato
da altri meglio che da te.

bella,
non ho mica vent'anni
ne ho molti di meno
e questo vuol dire
(capirai)
responsabilità
perciò…

volami addosso se questo è un valzer
volami addosso qualunque cosa sia
abbraccia la mia giacca sotto il glicine
e fammi correre
inciampa piuttosto che tacere
e domanda piuttosto che aspettare
.

stancami
e parlami
abbracciami
guarda dietro le mie spalle
poi racconta
e spiegami
tutto questo tempo nuovo
che arriva con te.

mi vedi pulito pettinato
ho proprio l'aria di un campo rifiorito
e tu sei il genio scaltro della bellezza
che il tempo non sfiora
ah, eccolo il quadro dei due vecchi pazzi
sul ciglio del prato di cicale
con l'orchestra che suona fili d'erba
e fisarmoniche
(ti dico).

bella,
che ci importa del mondo.

stancami
e parlami
abbracciami
fruga dentro le mie tasche
poi perdonami
sorridi
guarda questo tempo
che arriva con te
guarda quanto tempo
arriva con te.

il bacio sulla bocca, ivano fossati

martedì 23 febbraio 2010

a febbraio

febbraio è quasi agli sgoccioli, eppure il calendario della mia stanza è ancora fermo a gennaio, come questo blog del resto. queste tre settimane sono state intense. troppe cose da fare e troppo poco tempo da dedicare a me stessa.
avrei voluto andare un giorno al mare, perchè le passeggiate invernali sulla spiaggia sono un toccasana per me nei periodi di maggiore stress. avrei voluto andare almeno una volta al cinema e anche in montagna, per rotolarmi nella neve come solo i bambini sanno fare. ma per ora non sono riuscita a fare nulla di tutto ciò. per ora, solo per ora, perchè sono cose ho dovuto rimandare, ma che farò, prima che la neve si sciolga e prima che il vento primaverile imperversi sulle spiagge.
di queste tre settimane di febbraio ricorderò per sempre una cosa: la voglia matta di mandare tutto a quel paese, fare la valigia e partire senza una meta precisa.
so che non avrei mai il coraggio di fare una cosa simile, ma nella vita mai dire mai, no???

domenica 31 gennaio 2010

charlie batte tutti


risale a qualche giorno fa la notizia che vede protagonista un bambino inglese di soli 7 anni in un'impresa che solo a pensarla sembrava impossibile.

charlie simpson, questo è il suo nome, profondamente colpito dalle immagini del devastante terremoto di haiti, ha deciso di impegnarsi in prima linea per raccogliere fondi da destinare alle popolazioni coinvolte. così, senza troppi (e inutili) giri di parole, charlie ha chiesto aiuto ai propri genitori per scrivere un appello sulla piattaforma web justgiving: "voglio raccogliere soldi per comprare cibo, acqua e tende! faro' il maggior numero di giri in bicicletta intorno al parco (spero di riuscire a farne almeno 10!), per favore sponsorizzatemi e tutto il vostro denaro andra' all'Unicef".

in pochi giorni, la pedalata di charlie ha permesso che l'obiettivo iniziale di 500 sterline fosse ampiamente superato da 193mila sterline, come indica il contatore sul sito http://www.justgiving.com/CharlieSimpson-HAITI.
e mentre i "grandi" si perdevano in reciproci attacchi, travestiti da critiche solo in apparenza costruttive, ma che probabilmente non porteranno a nulla di concreto (da una parte bertolaso sferra una critica all'america in merito alla gestione dell'emergenza e al coordinamento degli aiuti nelle aree terremotate, dall'altra hillary non digerisce l'affronto e stizzita contrattacca ribadendo che gli stati uniti stanno facendo il possibile per contenere le conseguenze disastrose del sisma), un ometto dai capelli rossi ha dimostrato di essere più grande, dei suoi 7 anni e di certi adulti, non solo per aver percorso 8 kilometri con la sua bicicletta, ma soprattutto per aver coinvolto migliaia di persone nella sua gara di solidarietà.

bravo charlie, li hai battuti tutti, anzi ci hai battuti tutti!
e abbiamo molto da imparare da te!

mercoledì 27 gennaio 2010

giorno della memoria

"c'è un paio di scarpette rosse
numero ventiquattro
quasi nuove:
sulla suola interna si vede
ancora la marca di fabbrica
"schulze monaco".
c'è un paio di scarpette rosse
in cima a un mucchio
di scarpette infantili
a buckenwald
erano di un bambino di tre anni e mezzo
chi sa di che colore erano gli occhi
bruciati nei forni
ma il suo pianto lo possiamo immaginare
si sa come piangono i bambini
anche i suoi piedini
li possiamo immaginare
scarpa numero ventiquattro
per l'eternità
perché i piedini dei bambini morti non crescono.
c'è un paio di scarpette rosse
a buckenwald
quasi nuove
perché i piedini dei bambini morti
non consumano le suole."
un paio di scarpette rosse di
joyce lussu



avevo 18 anni la prima volta che sono entrata in ciò che resta di un campo di sterminio. il lager in questione è quello di dachau.
ripeto avevo 18 anni. conoscevo la storia, gli avvenimenti di quel periodo lungo e critico e i suoi protagonisti attraverso i libri.
avevo letto il diario di anna frank e se questo è un uomo di primo levi, avevo visto jona che visse nella balena, il pianista, train de vie, la fuga degli innocenti, la vita è bella e in un pianto incontenibile dal primo all'ultimo minuto avevo visto anche schindler's list.
sapevo già cosa avrei visto con i miei occhi e toccato con le mie mani in quel lager. eppure, solo quando vi ho messo piede, ho preso coscienza che quel luogo non era qualcosa da circoscrivere nella storia e quindi nel passato, che prendeva vita solo nelle pagine di un libro o nelle immagini di un film, ma era reale, terribilmente concreto.
ricordo che nel percorrere il viale antistante il campo, sentivo ogni mio passo farsi pesante. la testa era bassa perché non riuscivo ad alzare lo sguardo. continuavo a fissare i miei piedi che strisciavano sulla ghiaia. non mi sentivo più io, non era più importante chi fossi, come mi chiamassi, cosa facessi nella vita. quando ho varcato il cancello, ho alzato gli occhi. è stato un colpo. il filo spinato e una distesa sterrata. delle 32 baracche originarie non vi erano resti, se non le fondamenta in cemento, ma non era difficile immaginarle.
e infine i forni. ancora lì, intatti, come se il tempo li avesse schivati affinché divenissero testimonianza perenne delle atrocità compiute in quel luogo.
ricordo che non riuscivo a pensare a niente. la mia mente era troppo occupata a produrre immagini e a proiettarle su ogni centimetro quadrato disponibile adiacente. immaginavo gli uomini, le donne e i bambini che camminavano sotto la pioggia, sotto la neve, sotto il sole cocente, nella nebbia e nelle folate di vento. i piedi scalzi, feriti. le gambe e le braccia esili, fragili. gli occhi cerchiati, stanchi. la paura e il coraggio. la fame e la sete. la dignità sottratta con la violenza fisica e psicologica. i corpi senza vita ammassati. i forni e la nube nera.
ricordo di essere arrivata davanti al memoriale senza essere pienamente cosciente di camminare sulle mie gambe. lo stomaco bruciava. poi un nodo alla gola, mentre i miei occhi scorrevo su queste parole:
"puisse l'exemple de ceux qui furent exterminés ici de 1933 à 1945 dans la lutte contre le nazisme faire que les vivants s'unissent pour défendre la paix, la liberté et le respect de la personne humaine"
non dimenticare diventa un imperativo.
non dimenticare è dovere morale e sociale.
non dimenticare significa conoscere la storia, comprenderne le dinamiche profonde e scardinarne le contraddizioni.
non dimenticare vuol dire vivere il presente con consapevolezza e costruire un futuro migliore.
i vivi si uniscano in difesa della pace, della libertà e del rispetto della persona umana, non solo oggi 27 gennaio giorno della memoria, ma sempre.

venerdì 22 gennaio 2010

a.a.a. cercasi coraggio

in questi giorni mi sento come uno studente che sta per affrontare l'esame di maturità, combattuto tra il desiderio di finire il prima possibile e il voler ancora un po' di tempo per migliorare la propria preparazione.
mi sento così, un po' in stallo, un po' in bilico, tra le lancette dell'orologio, il computer, i libri e le tazzine di caffè che aumentano a dismisura, come la quantità di caffeina nelle mie vene.
sto raccogliendo tutte le energie possibili e immaginabili e consumando le ultime scorte di concentrazione rimaste.
solo una cosa non riesco proprio a trovare. il coraggio.
esopo disse che le circostanze possono far diventare coraggioso anche chi non lo è, ma voi cosa dite, su e-bay un poco di coraggio lo venderanno?

martedì 12 gennaio 2010

baciami ancora

il 29 gennaio so già cosa farò!







baciami ancora, jovanotti

one, due, tre, four.

un bellissimo spreco di tempo
un’impresa impossibile
l’invenzione di un sogno
una vita in un giorno
una tenda al di là della duna

un pianeta in un sasso, l’infinito in un passo
il riflesso di un sole sull’onda di un fiume
son tornate le lucciole a Roma
nei parchi del centro l’estate profuma.

una mamma, un amante, una figlia
un impegno, una volta una nuvola scura
un magnete sul frigo, un quaderno di appunti
una casa, un aereo che vola.

baciami ancora…
baciami ancora…

tutto il resto è un rumore lontano
una stella che esplode ai confini del cielo.

baciami ancora…
baciami ancora…

voglio stare con te
inseguire con te
tutte le onde del nostro destino.

una bimba che danza, un cielo, una stanza
una strada, un lavoro, una scuola
un pensiero che sfugge
una luce che sfiora
una fiamma che incendia l’aurora.

un errore perfetto, un diamante, un difetto
uno strappo che non si ricuce.

un respiro profondo per non impazzire
una semplice storia d’amore.

un pirata, un soldato, un dio da tradire
e l’occasione che non hai mai incontrato.

la tua vera natura, la giustizia del mondo
che punisce chi ha le ali e non vola.

baciami ancora…
baciami ancora…

tutto il resto è un rumore lontano
una stella che esplode ai confini del cielo.

baciami ancora…
baciami ancora…

voglio stare con te
invecchiare con te
stare soli io e te sulla luna.

coincidenze, destino,
un gigante, un bambino
che gioca con l’arco e le frecce
che colpisce e poi scappa
un tesoro, una mappa,
l’amore che detta ogni legge
per provare a vedere
che c’è laggiù in fondo
dove sembra impossibile stare da soli
a guardarsi negli occhi
a riempire gli specchi
con i nostri riflessi migliori

baciami ancora…
baciami ancora…

voglio stare con te
inseguire con te
tutte le onde del nostro destino.

baciami ancora…
baciami ancora…
baciami ancora…
baciami ancora…
baciami ancora…
baciami ancora…
baciami ancora…
baciami ancora…
baciami ancora…

lunedì 11 gennaio 2010

yes i know my way

ore 7 del mattino, davanti allo specchio, stento a riconoscermi.
i ricci sono più ribelli del solito e le occhiaie più marcate dell'ultima volta che ho fatto un after (ormai persa tra i meandri del tempo...).
accendo la radio e la prima voce che ascolto è quella di pino daniele.
parlo da sola, anche di mattina, quando il mio ottimismo cerca disperatamente di spiccare il volo. dico che non è il top per il lunedì mattina, ma dico anche che poteva andarmi peggio, molto peggio, se mai avessero mandato on air giggiddalessioeannatatangelo.
e così, tra una parola e l'altra, mi ritrovo a canticchiare un motivetto che, nonostante abbia quasi trent'anni, oggi cade proprio a fagiuolo.

"yes i know my way...
ma nun' è addò m'aie purtato tu
yes i know my way...
mo' nun me futte cchiù"

domenica 10 gennaio 2010

per caso

un paio di giorni fa, complice il freddo e la neve, ho terminato la lettura del libro giapponese prestato da un amico. zero voglia di uscire. ancora meno voglia di vedere amici e conoscenti. lo so certi giorni sembro stronza (o forse lo sono realmente), ma ho solo voglia di un po' di solitudine.
apro una parentesi. qualcuno non riesce proprio a comprendere questo mio bisogno, ma per me è un'esigenza vitale, soprattutto dopo venti giorni (tra l'altro bellissimi e piacevoli) trascorsi intensamente in compagnia della mia famiglia e degli amici più cari. sia ben chiaro, io amo le persone e godere appieno della loro presenza. mi piace ascoltarle, osservarle e irrimediabilmente tendo a lasciarmi assorbire in modo totale dalle interazioni e relazioni che prendono forma in ogni dove. non mi limito a sterili comparsate accompagnate da strette di mano deboli (per non dire molli), per poi dileguarmi di soppiatto come un fantasma. se non me la sento di stare in compagnia preferisco declinare l'invito, senza rimpianti, senza problemi. mi conosco e so bene che se non mi sento al minimo della forma, mi impongo di restare a casa, onde evitare manifestazioni pubbliche corrosive almeno quanto l'acido solforico. chiudo la parentesi.
quindi, dubbi amletici prendono il sopravvento su di me. che fare dopo aver finito il libro? "faccio una torta?" "sììì!" "hey, ma poi se la preparo va a finire che me la mangio. e dopo vizi e stravizi di natale, capodanno e epifania non è la soluzione ideale" "sigh, va bene. niente torta."
mi spalmo sul divano, stile homer simpson. telecomando tutto per me. zapping sfrenato alla ricerca di un programma che non lobotomizzi definitivamente il mio encefalo.
ahahahah! che impresa! su canale 5 regna barbara d'urso e su rai 1 c'è sposini con la vita in diretta: le due trasmissioni sono in grado di dimezzare la densità neuronale in soli 30 secondi. su rai 3 non si capisce cosa stiano trasmettendo, perché il carissimo digitale terrestre deve ancora smaltire la sbornia di capodanno. in fondo però non è male l'immagine sullo schermo, mi porta ad ipotizzare che si tratti di una rubrica sull'arte, sembra una via di mezzo tra un mosaico under construction e un cubo di rubik maneggiato a gran velocità. rai 2 si vede a tratti, riesco a intuire la presenza di giovanni muciaccia. parla a scatti come un robot costruito negli anni '50: prenn-ddere coll-lla vin-nil-lic-ca... ffat-to! tutti gli altri canali offerti dalla rivoluzione digitale mandano in onda il medesimo programma: uno schermo nero, ma nero nero nero. ogni tanto un riquadro blu ci offre un'interessante variazione sul tema: la scritta nessun segnale!
ok, mi arrendo. meglio fare altro. anzi, meglio tornare alla lettura.
almeno un libro non ti tradisce mai. non ti da come contentino una pagina nera con la scritta nessun segnale. almeno un libro non compromette il precario stato di salute dei nostri neuroni, già sottoposti a fiumi scorie dannosissime provenienti da molteplici fonti, spesso di origine ignota. almeno un libro ti lascia il potere di scegliere se continuare a sfogliarlo oppure abbandonarlo sul comodino.
in casa non ho molti libri. per il semplice fatto che se li compro non li leggo, nella mia testa vige la convinzione che tanto restano sempre qui e di conseguenza posso leggerli in qualsiasi momento (che poi diventa mai). invece, se li prendo in biblioteca o li chiedo in prestito a parenti e amici, li leggo in men che non si dica (o quasi). si lo so, strane dinamiche regnano in me e fuori di me! ci sono libri che prendono polvere da tempo immemore sulle mensole della mia stanza, con la speranza non dico di essere letti, ma almeno liberati da una coltre di polvere. c'è n'è uno che mi riprometto sempre di leggere. è un po' spesso, ma è un thriller psicologico e in quanto tale dovrebbe essere abbastanza scorrevole, in grado di rapire il lettore e di polarizzarne le energie. e ieri sembrava possedere tutti i requisiti per essere il libro giusto al momento giusto.
decido quindi di prenderlo. lo afferro per sfilarlo dallo scaffale, ma qualcosa scivola via dalle pagine, atterrando sul pavimento. è un biglietto piegato. abbandono il libro sullo scaffale, fuori posto. sollevo il biglietto e mentre lo apro riconosco la calligrafia.
la data segna il 30-07-'01. un pensiero, veloce come un lampo, attraversa la mia mente: "8 anni, sono già passati 8 anni". devo sedermi, dentro di me so che non è un biglietto che posso leggere distrattamente, in piedi. mi siedo, voglio essere il più possibile comoda e stabile. poiché dopo questo biglietto, non ci sono stati né pensieri e né parole, solo respiri lunghi e profondi per cercare di attenuare un fastidioso nodo alla gola.
ciao amore mio,
chissà, adesso (forse) sei più vicina di quanto non ci si possa immaginare, magari sei in macchina, in viaggio verso casa dove farai bei sogni. oppure sei già a nanna e stai già sognando. se stai passando dalla mia città, pensami un poco.
grazie, ti amo, mi sento un po' in debito con te... giovedì me ne andrò di nuovo. non voglio lasciarti di nuovo, non voglio. aspettami amore, aspettami ti prego. scusami, cerca di scusarmi (te ne parlerò), ma non potevo proprio rifiutare... scusa.
scusa io non voglio farti soffrire, ma ho paura di farti stare male, perché tu sei gentile e sei brava, metti sempre prima gli altri. non vorrei calpestarti, mi sento un ingrato.
amore mio, grazie, grazie ancora.
sono felice che noi siamo anche amici, non ci manca nulla, siamo amici, amanti, confidenti, siamo legati da un rapporto sincero e profondo. tutto quello che io ho sognato, anzi meglio, è perfetto... perché l'amore fa rinascere le persone "in bambini e in saggi mistici".
mi manchi, vorrei essere con te. chiama presto, ho voglia i sentire la tua voce, di parlarti, di stare con te, di stringerti, di baciarti. ho voglia di stati sempre accanto e di farti sentire che ti amo.
un bacio
p.s. mi ha fatto piacere oggi... due cose soprattutto, la seconda è quando mi hai detto che ti piacerebbe vivere con me... ti amo.

a volte, per caso, vecchi ricordi riemergono dalle pagine di un libro.
a volte, per caso, il passato diventa l'unica alternativa in un pomeriggio tedioso.
a volte, per caso, una lettera scritta dal primo amore scalda il cuore, mentre fuori la neve continua a cadere.

venerdì 8 gennaio 2010

nevica

aspettavamo da tempo la grande nevicata.
ora non si può dire che non sia arrivata.
fuori c'è silenzio. ma non un silenzio qualunque.
nemmeno il silenzio assoluto.
è il silenzio della neve, che avvolge tutto come solo una coperta candida e soffice sa fare. ha il potere di trasformare anche il suono più acuto e di renderlo fievole come un batuffolo di cotone.
nevica. niente da fare.
mi arrendo alla disarmante impercettibilità dei piccoli fiocchi che scendono dal cielo e mi crogiolo tra le pagine di un libro giapponese prestato da un amico.
oggi non ho tempo che per me.